“Good food, good whiskey, good gamble” che tradotto in italiano
suona più o meno così: “Buon cibo, buon
whiskey, buon gioco”.
E’ una delle tante frasi che le
storie sul gioco d’azzardo attribuiscono a Lester Ben Binion, il fondatore del casinò
Binion’s Horseshoe e l’ideatore delle World Series, il principale torneo di
poker al mondo che richiama ogni anno a Las Vegas giocatori
professionisti ma anche outsider provenienti dalle poker room online, come
quelle presenti su netbet.it.
L’imprenditore texano fu il primo a comprendere l’importanza di offrire ambienti e servizi di qualità ai giocatori d’azzardo. Una ricetta che col trascorrere del tempo è stata abbracciata dalle più importanti sale da gioco sparse nel mondo. Al giorno d’oggi da Las Vegas a Macao, passando per Honk Kong e Monte Carlo, i top casinò mettono a disposizione dei loro player-clienti almeno un paio di ristoranti. Non solo. Spesso la stesura dei menù è affidata a uno chef stellato. Anche le cantine di queste strutture sono diventate luoghi da far invidia al caveau di una banca centrale. Bottiglie provenienti da ogni angolo del mondo e che per essere tolte dal mercato hanno richiesto investimenti perfino a quattro (o più) cifre.
Per non parlare poi dei tantissimi spettacoli live, dalla musica allo sport, passando per il teatro e la magia, che riempiono per mesi e mesi il cartellone serale di queste strutture che hanno nulla da invidiare agli hotel e ai resort pluristellati.
Così il giro d’affari del settore cresce di anno in anno e le capitali del gioco d’azzardo finiscono con l’essere le mete di viaggio preferite da milioni di persone. E’ sufficiente sapere che nella graduatoria delle cento città più visitate durante il 2017, Honk Kong e Macao occupano rispettivamente il primo e il quinto posto, con oltre 40 milioni di turisti assieme, mentre Las Vegas, seppur ventiseiesima nella lista, ha strizzato l’occhio oltre 6 milioni di ‘stranieri’.
Per non parlare poi dei tantissimi spettacoli live, dalla musica allo sport, passando per il teatro e la magia, che riempiono per mesi e mesi il cartellone serale di queste strutture che hanno nulla da invidiare agli hotel e ai resort pluristellati.
Così il giro d’affari del settore cresce di anno in anno e le capitali del gioco d’azzardo finiscono con l’essere le mete di viaggio preferite da milioni di persone. E’ sufficiente sapere che nella graduatoria delle cento città più visitate durante il 2017, Honk Kong e Macao occupano rispettivamente il primo e il quinto posto, con oltre 40 milioni di turisti assieme, mentre Las Vegas, seppur ventiseiesima nella lista, ha strizzato l’occhio oltre 6 milioni di ‘stranieri’.
Scritto tutto ciò, cosa accade nel Belpaese?
Che il rapporto fra gli italiani e il gioco d’azzardo sia stretto lo certificano gli ultimi dati resi noti dall’ADM, acronimo che sta per Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Due anni fa, nel 2017, il settore del gambling ha raccolto, infatti, 101,7 miliardi di euro. Dove col termine “raccolta” intendiamo tutte quelle somme puntate dalla comunità dei giocatori. A questi ultimi sono poi tornati indietro sotto forma di vincite 82,7 miliardi di euro. Mentre i restanti 19 miliardi di euro hanno rappresentato l’effettiva perdita o, se ribaltiamo il punto di vista, l’incasso della filiera al lordo degli importi destinati all’erario.
Dobbiamo però una precisazione ai lettori di queste ultime righe: tutti i numeri citati comprendono sia il gioco offline, quello fatto per esempio attraverso le sale bingo e le agenzie di scommesse presenti sul territorio, che quello online, frutto dell’attività andate in scena nei portali e nelle poker room abilitate dalle nostre autorità.
D’altronde, tornando alla frase d’apertura, in Italia il buon cibo e, parafrasando, il buon vino non mancano…
Che il rapporto fra gli italiani e il gioco d’azzardo sia stretto lo certificano gli ultimi dati resi noti dall’ADM, acronimo che sta per Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Due anni fa, nel 2017, il settore del gambling ha raccolto, infatti, 101,7 miliardi di euro. Dove col termine “raccolta” intendiamo tutte quelle somme puntate dalla comunità dei giocatori. A questi ultimi sono poi tornati indietro sotto forma di vincite 82,7 miliardi di euro. Mentre i restanti 19 miliardi di euro hanno rappresentato l’effettiva perdita o, se ribaltiamo il punto di vista, l’incasso della filiera al lordo degli importi destinati all’erario.
Dobbiamo però una precisazione ai lettori di queste ultime righe: tutti i numeri citati comprendono sia il gioco offline, quello fatto per esempio attraverso le sale bingo e le agenzie di scommesse presenti sul territorio, che quello online, frutto dell’attività andate in scena nei portali e nelle poker room abilitate dalle nostre autorità.
D’altronde, tornando alla frase d’apertura, in Italia il buon cibo e, parafrasando, il buon vino non mancano…
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